Il Principio di Causalità nella Vita Spirituale e Pratica
be irragionevole pretendere dall'albero in questione una pesca. Molto spesso invece gli individui si trovano sorpresi in fine della vita non avendo realizzato ciò che si aspettavano di realizzare senza tuttavia aver mai messo in moto le cause necessarie ad ottenere gli effetti che intendevano perseguire. Oppure si ritrovano infine a dover fronteggiare il risultato delle cause messe in moto precedentemente e che loro speravano ingenuamente non avrebbero prodotto alcun effetto. Il principio di causalità invece ci suggerisce che se vogliamo operare un cambiamento nella nostra vita ed imporre ad essa una direzione dobbiamo operare una forza capace di modificare il corso naturale degli eventi. Questa forza, la risorsa naturale nelle mani dell'uomo è la volontà. L'uomo ha dunque la possibilità di cambiare il proprio stato interiore, la propria situazione esteriore pur ché realmente lo voglia. Ogni uomo si trova con delle predisposizioni che non sono altro che effetti messi in moto da cause a lui sconosciute — i genitori, la società, la sua educazione, lui stesso — e queste predisposizioni definiscono il corso naturale degli eventi per lui. Esse sono le rotaie lungo cui scorrerà la sua vita se non deciderà di creare dei nuovi effetti mettendo in moto delle nuove cause. Se un uomo vuole cambiare la propria vita, dovrà cambiare le proprie abitudini e dovrà cambiare le proprie azioni radicalmente. Se persiste nel ripetere le stesse identiche azioni, sarà inevitabile il ripresentarsi degli stessi identici eventi. Se un evento si ripresenta vuol dire che la causa che lo ha prodotto non è evidentemente stata rimossa e se il problema non viene affrontato sarà impossibile affrancarsene. Infine una delle proprietà più interessanti del principio di causalità è quella di fornire un criterio per misurare e stimare la qualità è l'intensità di una causa. Questa proprietà, che costituisce poi il nucleo del secondo principio della dinamica newtoniana, potrebbe essere così formulata: la qualità e l'intensità di una causa si determinano dagli effetti. La semplicità di questa riflessione non deve distogliere dalla sua importanza, sia nella vita quotidiana che nella vita spirituale. Come giudicare la bontà di una causa se non dalla bontà degli effetti? Come diceva Clemente Alessandrino: «un albero si vede dai frutti e non dai fiori». Il demone può fare gli stessi identici discorsi del santo ma è dagli effetti che si determina la bontà della dottrina. Le sue parole hanno promosso uno spirito di unità e fratellanza in Cristo o di separazione e insubordinazione anarchica? Ci hanno rinvigorito rinfrancato e spinto a perseguire l'ideale cristiano o ci hanno rilassato, distolto e sviato da esso? Come un politico non si giudica dai comizi che tiene ma dalle riforme che fa, allo stesso modo un maestro si giudica dalla bontà dei discepoli. Nella vita interiore e spirituale questo principio è una delle colonne e guide più preziose. Come sapere se una ispirazione o una strada intrapresa è giusta? Basta osservarne gli effetti. Come sapere se una certa frequentazione o una certa abitudine ci fa bene o ci è dannosa? Basta osservare come siamo diventati. Vogliamo sapere se eseguiamo bene un certo esercizio spirituale? Basta analizzare noi stessi e troveremo la risposta. Siamo diventati più saggi, più forti e ripieni d'amore o siamo più ignoranti, deboli, tristi e soli? Siamo più umili o più orgogliosi? Più liberi o più schiavi di quando abbiamo cominciato? Rispondendo a queste domande, analizzando gli effetti capiremo la qualità delle cause che abbiamo mosso. La qualità o direzione di una causa si misura la qualità o direzione degli effetti. Infine altrettanto importante è il comprendere che poi ché non esiste un effetto senza una adeguata causa, la forza della causa si misura dalla forza e dall'imponenza degli effetti. Questo è quanto mai importante. La differenza fra realtà e illusione è data dalla realizzazione pratica. L'illusione è soggettiva e destinata a sparire come ombra al sole, la realtà è oggettiva e destinata a fissarsi come il diamante dal carbone. La forza e la realtà di una dottrina si misura nella capacità di incidere un cambiamento negli uomini, quindi nella società. Inoltre, più l'energia racchiusa è grande, più sono lunghi i tempi necessari affinché si sviluppi. Per essere più chiari possiamo fare un esempio evangelico. Gesù Cristo poteva sembrare un illuso o un utopista agli occhi dei farisei al pari di tanti altri presunti Messia, tanto che al momento della sua cattura il sinedrio si trovò diviso. Fu Gamaliele, maestro di San Paolo, a dire: «Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!» Egli saggiamente proponeva di misurare le cause a partire dagli effetti. Certo nessuno al momento della cattura avrebbe potuto prevedere tanta fortuna postuma per un condannato a morte di croce, tradito e rinnegato dai suoi stessi (pochi) discepoli. Eppure oggi quasi sette miliardi di persone conoscono il suo nome, oltre un miliardo celebrano ogni giorno il suo sacrificio; e la sua azione nel corso di migliaia d'anni ha cambiato profondamente la società, la scala di valori spirituali, intellettivi, etici e morali. Bisogna dunque supporre che qualcosa si sia creato senza alcuna causa? Dobbiamo forse sospendere anche in questo caso il principio di causalità? O dobbiamo forse ritenere che, se non vi sono cause manifeste sufficienti a spiegare questi effetti, allora necessariamente alcune cause devono essere nascoste? Nella storia dell'umanità movimenti sorgono, culminano e cadono e non sempre la forza, l'importanza e l'influenza di un personaggio può spiegarsi razionalmente analizzandone la vita, le predisposizioni naturali e gli atti esteriori. Mosè non era certo il più eloquente degli ebrei, né Buddha il più sottile dei filosofi indiani. Eppure il primo ha costituito un popolo eletto e lo ha guidato fuori dall'Egitto, mentre il secondo mettendosi a sedere sotto un albero ha trasformato tutto l'oriente. Evidentemente l'origine della loro forza doveva risiedere in una virtù interiore la cui