Chiralità Molecolare e Universalità del Codice Genetico

rotazione antioraria negli L-isomeri o levogiri; una rotazione oraria della luce polarizzata nei D-isomeri o destrogiri. A priori i due composti sono equiprobabili nella loro produzione, tuttavia le proteine biologiche sono fatte solo di L-isomeri, cioè di composti che interagiscono con la luce ruotandola in senso levogiro. Il mondo vivente è interamente omochirale: nessuna delle migliaia di molecole utilizzate dagli organismi viventi si verifica come una miscela casuale di isomeri destrogiri e levogiri; al contrario, ogni volta che una molecola può esprimere la chiralità la vita ha scelto di utilizzare solo una delle due possibili. Dai batteri, agli animali e alle piante, le proteine sono costruite a partire dalle isoforme levogire di venti amminoacidi. Un altro elemento che indica un'origine comune è l'esistenza di un codice genetico su cui si basano praticamente tutti gli organismi conosciuti. Negli organismi viventi la sequenza amminoacidica delle proteine assemblate dai ribosomi rispecchia la sequenza nucleotidica degli RNA messaggeri (mRNA). Il collegamento è stabilito da RNA di trasferimento (tRNA) che funzionano come adattatori tra i codoni formati da tre nucleotidi e gli amminoacidi (Fig. 23). Il codice è praticamente universale tra le forme di vita esistenti ed è quindi noto come Codice Genetico Standard (SGC). Sebbene esistano molte deviazioni da questo codice, in particolare negli organuli e nei procarioti con genomi piccoli, queste sono di portata limitata e ovviamente di origine secondaria. La progettazione del sistema di traduzione anche nelle cellule moderne più semplici è estremamente complessa. Il cuore del sistema è il ribosoma, un grande complesso di almeno tre molecole di RNA e 60-80 proteine disposte in una precisa architettura spaziale e che interagiscono con gli altri componenti del sistema di traduzione in modo finemente coreografato. La struttura del codice non è casuale e garantisce un'elevata robustezza agli errori mutazionali e traslazionali. Ad esempio, per la maggior parte dei codici la terza base può essere una delle due purine, i.e. adenina e guanina, o una delle due pirimidine, i.e. uracile e citosina, senza che il significato venga modificato (vedi Fig. 23). Questo suggerisce che il codice genetico primordiale era basato su coppie di nucleotidi, che permettevano 16 possibili codoni. Così, gli amminoacidi inizialmente utilizzati nella sintesi peptidica potrebbero essere stati meno di 20, mentre gli altri sono stati cooptati in seguito, quando si era sviluppato un metabolismo più complesso e il sistema di traduzione era diventato più efficiente. Dieci aminoacidi sono costantemente prodotti negli esperimenti di chimica prebiotica, nel seguente ordine di abbondanza relativa: glicina, alanina, acido aspartico, acido glutammico, valina, serina, isoleucina, leucina, prolina, tirosina. Questo ordine riflette l'energia libera della loro sintesi, le prime sono quelle termodinamicamente più stabili. Gli stessi amminoacidi, con le stesse abbondanze relative, sono presenti nei meteoriti. Diverse linee di evidenza suggeriscono che questi dieci amminoacidi sono più vecchi degli altri, nel senso che probabilmente erano presenti nelle prime proteine mentre gli altri non lo erano. Successivamente il codice si è strutturato su codoni formati da 3 nucleotidi scelti fra 4 basi possibili equivalenti a: $4^3 = 64$ (14) mutamenti a cui corrispondono venti amminoacidi essenziali e due speciali. Qualunque siano le ragioni per queste scelte operate dalla Natura, non possiamo fare a meno di notare lo sforzo di mantenere stabili le mutazioni genetiche, ovvero un impulso coerente verso un fine o modello evolutivo in opposizione ad una serie di mutazioni adirezionali, e la ricerca di una struttura capace di supportare una sufficiente complessità informativa. La sorgente di energia libera più importante accessibile dalla Terra è quella solare, di cui gran parte si esplica attraverso l'irradiazione di fotoni a varie frequenze o lunghezze d'onda (Fig. 24), ma con un picco corrispondente per le lunghezze d'onda del visibile 400-700nm. Per la legge di Planck l'energia di un fotone dipende dalla sua frequenza $\nu$ secondo la legge $E = h\nu$ (15) dove $h$ è la costante di Planck. Considerato che $\nu$ è inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda $\lambda$ attraverso la costante di velocità della luce $c$, i.e. $\nu = c/\lambda$, abbiamo che l'energia di un fotone dipende