Misticismo Antico e Tradizioni Ermetiche: dall'Angelologia Medievale al Rinascimento Fiorentino

annunziatrice di virtù e di gioia [...] E Iddio fece conoscere a Daniele di pregare quando Giove è congiunto con la Luna crescente nel Sagittario, libero da offese planetarie, affinché l'angelo della saggezza e della misericordia sostituisca quello degli errori di giudizio e durezza di cuore della cattiva stella [...] E Iddio disse a Daniele nella visione:- Non respirare come gli uomini mortali, ma come più conviene ai profeti -. E mi disse:- O Daniele, uomo gradito, prega e respira la preghiera e la respirazione di Giove congiunto alla Luna crescente nel Sagittario.

Altre testimonianze di un culto con stretti riferimenti planetari deriva dalla liturgia angelica restituita dai rotoli di Qumran con i celebri Canti del Sacrificio del Sabato. In questa speciale liturgia il culto per gli angeli planetari che risiedono nel "firmamento della purezza" si coniuga allo stretto monoteismo ebraico come attestano i vari frammenti della liturgia: Salmo di preghiera, sulla lingua del quarto, all'Unico Potente che è sopra tutti con le sue sette eccezionali potenze. Egli pregherà il Dio delle Potenze sette volte, con sette eccezionali parole di preghiera.

A questi elementi liturgici e cultuali vanno poi aggiunti i temi della mistica ascensionale che in seno all'ebraismo cominciano a circolare diffusamente negli scritti del II e III secolo, ma che probabilmente sono una sistematizzazione di una tradizione precedente probabilmente di origine Egiziana.

Cristiana-Gnostica
Tutti questi temi sono poi parzialmente ripresi e rielaborati dalla letteratura degli Hekhaloth e, in modo più affine all'astrologia ellenica, dalla letteratura gnostica come nei libri di Jeu o nei canti della Pistis Sofia. In quest'ultimo testo ad ogni sfera planetaria e ad ogni segno zodiacale corrisponde un preciso arconte o forza demoniaca alla quale si oppone un equivalente forza cristica espressa da un particolare ente angelico: Allorché mi manifestai al mondo portavo con me, fin dall'inizio, dodici potenze che presi dai dodici salvatori del tesoro della luce conformemente al comandamento del primo mistero - come vi ho detto fin dall'inizio. [...] Compiutosi il vostro tempo, siete nati nel mondo: ma in voi non c'erano anime di arconti. Pistis Sophia I, 7:4

Ermetismo
In linea generale gran parte dell'angelologia e delle pratiche cultuali gnostiche poggiavano su una forte corrispondenza fra i corpi celesti e angeli o arconti. Questi poi si unirono a una serie di dottrine ermetiche, egiziane ed alessandrine. Dando vita ad un incredibile fermento culturale, teologico, ascetico, mistico in cui dottrine di ogni credo si uniscono fra di loro per dare vita a un corpus dottrinale fondamentale che rappresenta la summa dell'epoca che è il Corpus Hermeticum.

Poi con Costantino tutto si blocca e tutte queste conoscenze e dottrine rimangono sepolte nel nulla di Alessandria d'Egitto per più di 300 anni. Quando poi vengono riscoperte dall'interesse di un arabo Khalid ibn Yazid che sotto la guida di un istruttore alchimista Morieno Romano decide di interessarsi all'argomento e a raccogliere i testi Ermetici e alchemici da Alessandria di Egitto nella città dove in quel momento si trova la capitale dell'impero ovvero appunto ad Harran.

Roberto di Chester
Proprio nella prefazione ad un testo alchemico relativo al principe Khalid e al suo istruttore Morieno Romano sui segreti della Grande Opera, leggiamo la prima presentazione ufficiale che l'Occidente medievale ebbe di Ermete Trismegisto. La prefazione è dovuta a Roberto di Chester, noto traduttore di opere arabe assieme all'amico Ermanno di Dalmazia, che nel 1144, dopo aver completato la traduzione del Corano commissionatagli da Pietro il Venerabile, si operò nella prima traduzione ufficiale di uno scritto attribuito in un qualche modo ad Ermete Trismegisto. Leggiamo nelle antiche Storie Sacre che vi furono un tempo tre filosofi, ognuno dei quali ebbe il nome Ermete. Il primo di essi fu Enoch, che con altro nome fu chiamato Ermete e con un altro ancora Mercurio. Il secondo fu Noè, anche lui denominato inoltre Ermete e Mercurio. Il terzo infine fu Ermete, che regnò a lungo in Egitto dopo il diluvio. Quest'ultimo fu chiamato dai loro predecessori Triplice, a motivo delle tre dignità che Dio gli aveva conferito. Infatti egli fu Re, Filosofo e Profeta.

Sebbene siano fioriti, successivamente a questa prefazione, una serie di scritti e trattati apocrifi di carattere vario attribuiti ad Ermete, l'Europa dovette attendere per più di tre secoli la comparsa di una vera e propria traduzione del Corpus Hermeticum. Fino ad allora l'Europa medievale dovette accontentarsi solo di brani saltuari o manoscritti -per la maggior parte apocrifi-, i quali non fecero altro che contribuire all'aspettativa generale di una traduzione compiuta. Questa fu operata solo nel 1463 alla corte dei Medici sotto l'egida di Cosimo il Vecchio ad opera di Marsilio Ficino.

Ermetismo e Rinascimento Fiorentino - Il Corpus Hermeticum
Uno degli elementi filosofici fondamentali che costituirono la base per la successiva rivoluzione scientifica e il mutamento alla base delle fondamenta astrologiche fu il rifiorire e il diffondersi dei concetti alla base dell'Ermetismo. A promuovere la diffusione su vasta scala delle dottrine ermetiche fu la traduzione operata da Marsilio Ficino presso la corte dei Medici.

Verso la metà del XV secolo alla corte dei Medici c'era un notevole fermento culturale ed un'attenzione particolare verso la cultura ellenica catalizzata da una serie di conferenze tenute da Gemisto Pletone, un filosofo neoplatonico che ebbe una certa influenza su Cosimo il Vecchio. Le conferenze ispiratrici di Gemisto Pletone, assieme probabilmente al confronto con numerosi studiosi dell'Impero Romano d'Oriente presenti a Firenze per il concilio che avrebbe dovuto sanare lo scisma d'Oriente, indussero Cosimo dei Medici a istituire nel 1459 un'Accademia Platonica il cui scopo era quello di riscoprire e riportare alla luce l'opera di Platone con delle nuove traduzioni dei suoi dialoghi.

In questo contesto estremamente fertile avvenne che nel 1460 il monaco Leonardo da Pistoia riuscì a reperire in Macedonia e quindi a riportare alla corte di Cosimo un codice manoscritto, probabilmente appartenuto a Michele Psello il noto dotto bizantino dell'XI secolo, contenente quattordici degli oggi diciotto trattati.