Gli Insegnamenti di Krishna sulla Meditazione e le Otto Fasi dello Yoga
da Khrishna: "E il Khrisna disse: Io esposi al Sole questa dottrina imperitura dell'ascesi, e il Sole la rivelò a Manu e Manu la disse a Ikshvâku. Così trasmessa d'uno in altro la conobbero i Râjarshi Ma poi, per il trascorrere del molto tempo essa andò perduta a questo mondo" (Gîtâ 4:3). A questo punto Khrisna dice ad Arjuna che la base per ogni liberazione risiede nella mente perchè il piacere e il dolore, la sofferenza e la gioia risiede non fuori dell'uomo ma dentro l'Uomo. E tutto ciò che esiste e che ha l'apparenza di realtà non è altro che illusione. E quindi Khrisna che ad un certo punto si rivela ad Arjuna come il Verbo Divino gli dice "Sappi che quello splendore penetrato nel Sole, illumina tutto l'universo, e lo splendore che sta nella luce e nel fuoco, è mio splendore Come i venti possenti in movimento hanno il loro fondamento nello spazio etereo, nello stesso modo, considera, tutti gli esseri hanno in me la loro sede. Tutti gli esseri, o figlio di Kuntì, alla fine di un ciclo cosmico tornano alla mia realtà; e al principio del ciclo successivo di nuovo io li emetto. Io sono il tempo, fiero distruttore dei mondi, Io sono l'Anima Suprema situata nel cuore di ogni creatura. Sono Io l'inizio, la metà e la fine di tutti gli esseri. Essendo tutto l'Universo mentale, gioia e dolore, felicità e tristezza, sofferenza e piacere, amore e odio, liberazione e schiavitù tutto un'illusione della mente ecco che la via della liberazione parte dalla disciplina della mente. Per cui Khrisna dice: "Non v'è illuminazione per chi non si concentra, né per chi non si concentra vi è meditazione. Come il vento travolge la nave nelle onde, così il cuore travolge l'intelletto di colui il cui animo cede ai sensi, che lo trascinano da ogni parte. Viceversa ottenendo la disciplina della mente ecco che è possibile una trasmutazione "Come una lampada che al riparo dal vento più non si muove, fissa in me la tua mente, entra in me col tuo pensiero, e in avvenire tu dimorerai in me, oppure più in alto, non v'è dubbio" (Gîtâ 8:6). Il compito dell'asceta dunque è fissarsi nella Luce dell'Intelligenza suprema giorno e notte senza soluzione di continuità "Dove per tutti gli esseri è notte, veglia l'asceta, e dove tutti gli esseri vegliano, per l'asceta veggente è notte." Le otto fasi dello Yoga Quindi poi Khrisna spiega ad Arjuna quello che è lo Yoga che verrà formalizzato da Patanjali successivamente. Lo Yoga che viene spiegato qui non è lo Yoga che si insegna normalmente nelle palestre, praticamente non ha nulla a che fare, è quello che si chiama Raja Yoga o Yoga Regale nei confronti dell'Hatha Yoga ovvero Yoga della Forza. Queste regole Yoga vengono descritte nel dettaglio da Patanjali un filosofo e mistico del II-III secolo Prima di Cristo che scrive una serie di sutra in cui è descritto lo Yoga o disciplina mentale che è formata da 8 fondamentali fasi che sono poi alla base di tutte le tecniche di meditazione: •Yama : astinenze, regole di comportamento; che sarebbero delle norme di compor- tamento del tipo non violenza, sincerità, astinenza, distacco insomma dei precetti di astensione basilari •Niyama : osservanze, autodisciplina; delle regole di autopurificazione del tipo pu- lizia fisica, appagamento emotivo, passione mentale, studio, ricerca di Dio etc... •Asana : posizioni fisiche, posture; posizioni fisiche per ottenere una corretta e forte posizione per la meditazione •Pranayama : controllo della respirazione e del flusso vitale; Al fine di dominare e dirigiere l'energia vitale. Da questa accumulazione e direzione dell'energia vitale si ottiene la pratica del tum-mo o calore psichico che era praticata dai monaci tibetani per alzare la propria temperatura corporea. Questa del Pranayama è una disciplina importante perchè la modificazione della respirazione è un mezzo per ottenere una modificazione forzata degli stati di coscienza. •Pratyahara : ritrazione dei sensi dai loro oggetti; per poter ottenere il dominio della coscienza sulla materia ed emanciparsi dal corpo fisico •Dharana : concentrazione; •Dhyana : meditazione; •Samadhi : unione del meditante con l'oggetto della meditazione, enstasi; contem- plazione La tipologia di contemplazione o di risultato dipende però dunque dall'oggetto della meditazione. Questo può essere un punto o centro della propria coscienza o Chakra come poi vedremo oppure su un oggetto fisico, oppure sul nulla fissando un punto fisico come un punto del muro davanti a se secondo quella che è la fondamentale pratica Zen. Il consiglio dato da Khrisna ad Arjuna era quello di portarsi in uno stato libero di coscienza in cui privo dalle forme compare questa luce interiore intellettiva e di fissarsi in essa. STORIA DELLA MEDITAZIONE (OCCIDENTE ) Tutte le dottrine e le tecniche meditative orientali nella loro base derivano da queste istruzioni fornite da Krhisna ad Arjuna e poi sinteticamente sistematizzate da Patanjali. Infatti Buddha era un asceta indiano e il Buddhismo non rinnega questa tecniche asceti- che, il Buddhismo poi attraversa l'Himalaya e infine in Giappone diventa lo Zen con le sue tecniche un po' modificate ma che essenzialmente si rifanno a queste. La faccenda cambia nell'Occidente. ANTICO EGITTO Se in Oriente la meditazione e le tecniche mediatative erano essenzialmente incentrate su un'astrazione dai sensi e una disciplina interiore, in occidente in particolare in Egitto la meditazione era fatta generalente sempre in chiave magica. Ad esempio Giamblico quando parla dei misteri egiziani parla di tecniche di autoip- nosi, oppure della fissazione di specchi magici per entrare in uno stato dissociativo. L'idea è quella di fissare senza interruzione e senza battere le palpebre una superficie lucida per un certo tempo di modo da entrare forzatamente in un altro stato di coscienza onirico ma lucidamente. E' una tipologia di astrazione meccanica e forzata. A queste si univano delle pratiche di ipnosi e di letargia che erano tipiche dei Misteri Egiziani e poi di quelli Greci per la sperimentazione di stati simili a quelli della morte. Tutte le pratiche Egiziane dunque ricorrevano al potere dei simboli.