L'Opera al Bianco e l'Opera al Rosso nell'Alchimia
anche successivamente per indicare sempre quest'ente ancora ad uno stato grezzo e lebbroso], l'anima chiama questo corpo divenuto luminoso [questo stesso corpo che ha subito una trasformazione] e gli dice: "svegliati dal profondo dell'Ade elevati dalle tenebre; svegliati prorompendo dalle tenebre. Infatti tu hai assunto lo Stato spirituale divino: la voce della risurrezione ha parlato; il farmaco di vita è penetrato in te" Comario. Passando invece ad autori più recenti: "Quando sopravviene bianco nella materia della Grande Opera, la vita ha vinto la morte, il re è resuscitato, la terra e l'acqua sono divenute aria, cielo e terra si sono sposati, è il regime della luna, il fanciullo è nato. Allora la materia ha acquisito un tal grado di fissità che il fuoco non potrebbe più distruggerla" Pernety. "vedrai la pietra filosofale, il nostro re, innalzato sopra i dominatori del mondo uscire dal suo sepolcro vitreo, alzarsi dal suo letto e venire sulla scena del mondo nel suo corpo glorificato, cioè rigenerato e più che perfetto; continuo, diafano come il cristallo, compatto, pesantissimo, facilmente fusibile al fuoco, come la resina, fluido come la cera è più dell'argento vivo, ma senza mettere nessun fumo, trapassante penetrante corpi solidi a contatto, come l'olio penetra la carta" Khunrath. In questa fase "I filosofi consigliano anche di stracciare i libri che sono diventati ormai inutili" Pernety. Gli scrittori sono tutti concordi nel dire che anche a questo punto l'opera non è finita, tuttavia non tutti sono concordi nei procedimenti da usare, alcuni addirittura non tracciano nemmeno una linea di demarcazione netta fra opera al Bianco ed opera al Rosso dicendo che esse continuano a rincorrersi l'un l'altra finchè anche la Pietra non è perfettamente compiuta. Altri dicono che le due opere sono in stretta analogia fra di loro e che la differenza fra Opera al Bianco e Opera al Rosso sia solo nell'andare più a fondo nella materia utilizzando in operazioni simili alle precedenti quei residui o fecce che erano rimaste inerti nella produzione dell'Argento e che ora diventano fondamentali per la produzione dell'Oro filosofale dal Piombo antico. L'uso in questa parte del processo di questi residui o fecce sembra alludere al "ricongiungimento, per virtù divina, della parte inferiore del composto umano con l'anima immortale" (T. Palamidessi, 10°Quaderno di Archeosofia) in quanto "la risurrezione è l'interna conciliazione della materia con lo spirito, col quale essa qui forma un solo essere, come la sua reale espressione, come il suo corpo spirituale" V. Solov'ev, I Fondamenti spirituali della vita. Altri dicono che quella congiunzione che in sede di opera al Bianco veniva mediata dall'Acqua ora può essere fatta direttamente senza mediatori, altri ancora sostengono che per continuare l'opera è necessario semplicemente continuare il regime ermetico fornendo sempre più Fuoco e che così facendo si passa al colore rosso, a quella che gli alchimisti hanno chiamato rinascita dal Fuoco il cui simbolo animale è rappresentato dalla salamandra oppure dalla fenice capace di risuscitare dalle proprie ceneri. Con il compimento dell'Opera al Rosso la Pietra è compiuta, a questo punto: "Un'Anima (Spirito) nuova glorificata si unirà al corpo immortale ed incorruttibile: così sarà fatto nuovo cielo" Filalete. Il fanciullo conquista una doppia natura, diventa signore della doppia vita: "più nobile, più grande, più possente dei suoi cosmici generatori cielo e terra è detto il fanciullo generato dall'arte, recante nelle sue mani le insegne del regno spirituale e di quello temporale, egli ha espugnato la gloria di questo mondo." De Pharmaco Catholico. "È il Vivente, all'atto di ricevere la tintura dal fuoco, da lui morte, male e tenebre dipartiscono, la sua luce vive splendente" I Sette Capitoli di Ermete. "rilucente di grande chiarore ho vinto tutti i miei nemici e da uno sono diventato molti, da molti uno, disceso da stirpe illustre" Basilio Valentino. Ecco che la pietra dei filosofi è realmente divenuta pietra filosofale, pietra che – come dice il Fulcanelli - porta in sè il segno del sole. La figura sopra riportata –proveniente da un'opera di Jakob Böhme - sintetizza graficamente il risultato finale dell'Alchimista, lo scopo della Grande Opera. In essa infatti si vede la Divina Presenza (simboleggiata qui dal tetragrammaton tetraktys) che discende "nel giorno forte e potente del signore" rivelandosi nel suo aspetto glorioso, senza kenosis nel cuore dell'Uomo partecipante dell'umanità deificata di Gesù il Cristo (il cui nome ebraico appare sotto la tetraktys). È necessario notare l'importanza giustamente attribuita dal Böhme a Gesù Cristo perchè questa realizzazione "presuppone una persona teandrica, capace di compiere il duplice atto eroico dell'autoabnegazione divino-umana, che riunisca in se due nature e possieda due volontà" V. Solov'ev. Solo grazie alla partecipazione all'umanità deificata di Gesù Cristo è possibile per l'Uomo conquistare la vera liberazione dal mondo fenomenico. "Io non sono di alcuna epoca, nè di alcun luogo; al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza; e se immergendomi nel mio pensiero risalgo il corso delle età, se distendo il mio spirito verso un modo di esistenza lontano da quello che voi percepite, io divengo colui che desidero. [...] Io sono colui che è." Cagliostro, Testamento.