Il Libro Tibetano dei Morti
IL LIBRO TIBETANO DEI MORTI
Daniele Corradetti
23 gennaio 2014
Indice
1. INTRODUZIONE
2. STORIA DEL TESTO
3. APPROCCIO DEI TIBETANO NEI CONFRONTI DELLA VITA E DELLA MORTE
4. PRELIMINARI ALLA MORTE
5. LO STATO INTERMEDIO DEL PUNTO DI MORTE
6. LO STATO INTERMEDIO DELLA REALTÀ
7. LO STATO INTERMEDIO DELL'ESISTENZA
8. CONCLUSIONI
1. INTRODUZIONE
Oggi diamo inizio a questo ciclo di incontri sull'Al di là nelle varie culture e partiamo con una cultura e con un testo estremamente particolare: quello che in Occidente è ormai conosciuto come Libro Tibetano dei Morti. In questo testo, come vedremo, è descritto passo passo, attimo per attimo, giorno dopo giorno, il percorso dell'anima dopo la morte.
Il testo appare disarmante: come possono i tibetani descrivere minuziosamente e dettagliatamente cosa si trova dopo la morte? Perché non si può sapere cosa c'è dopo la morte? Perché nessuno è morto e poi tornato in vita per raccontarcelo. Questo è un dogma della nostra società derivato principalmente dal fatto che la nostra è una fra le poche culture a non credere diffusamente nella reincarnazione.
Per i tibetani invece non solo qualcuno è morto e poi tornato in vita, ma tutti sono morti e poi tornati in vita. La cultura tibetana è piena di asceti che hanno ricordato pezzi delle loro vite passate, riconosciuto luoghi, persone, oggetti. Bambini nel XIV secolo che si erano autoriconosciuti quali lama defunti e che avevano convinto gli amici e i discepoli di questi lama dando origine al fenomeno dei tulku. Ma per i tibetani non sono dimostrazioni perché la reincarnazione è un dato di fatto.
2. STORIA DEL TESTO
Contestualizziamo il testo che risale alla prima diffusione del buddhismo nel Tibet, ovvero epoca imperiale. La storia del Buddhismo in Tibet inizia secondo la tradizione nel VII secolo con una Principessa Wen Chen che, diventata sposa dell'imperatore Songtsen Gampo, porta in dono una statua del Buddha bambino che verrà custodita nel tempio Ramoche da lei fondato.
Songtsen Gampo è il primo dei 3 Re del Dharma e, vuole la tradizione, il primo Buddhista in Tibet che dopo aver esteso il regno del Tibet fino ai suoi confini naturali (annettendo lo Shang Shung) decise di convertire la cultura del suo popolo in qualcosa di più pacifico e spirituale. Importò la scrittura dall'India e l'astrologia dalla Cina, esaminò le culture religiose di tutta l'Asia, anche le più lontane per poi soffermarsi sul Buddhismo.
Gampo diede inizio a questa modificazione culturale che portò il Tibet ad essere una delle regioni spirituali più importanti dell'Asia. Questo si capisce bene se si pensa che tutto un popolo per centinaia e centinaia di anni si è dedicato solo a sviluppare e approfondire gli aspetti più profondi della coscienza umana.
La prima vera affermazione e diffusione del Buddhismo in Tibet tuttavia avvenne con il 2° degli imperatori del Dharma Trisong Detsen. Padmasambhava e la sua storia. Prevede apostasia e dunque istituisce i terma o tesori nascosti di cui il Libro dei Morti fa parte.
3. APPROCCIO DEI TIBETANI NEI CONFRONTI DELLA VITA E DELLA MORTE
Credono nella reincarnazione, però non è vista come una nuova possibilità ma una dannazione. I tibetani dell'VIII e del XV secolo infatti vivevano in condizioni ben diverse dalle nostre e con concezioni mentali molto distanti dalle nostre. Ad esempio non avevano i telefonini, i computer, internet, vivevano in un luogo distante dal mondo che inclinava alla riflessione, alla interiorizzazione e alle meditazioni spirituali.
Il primo concetto fondamentale per comprendere la mentalità tibetana nei confronti della morte è che nell'ottica dei tibetani ciascuno può morire in qualsiasi momento. Ogni giorno, per motivi a noi ignoti, potrebbe essere l'ultimo e dunque nella loro ottica questa vita e questa realtà non è poi così solida e salda come nella nostra cultura.
La vita non ha l'assolutezza che ha in Occidente, infatti nel momento in cui coglie la morte tutte le occupazioni terrestri, i problemi, gli infiniti affari che si devono sistemare, i beni accumulati, tutto improvvisamente sparisce. Non ha più alcun senso, perde di significato. Rimangono tante strade incompiute senza significato.
Come può qualcosa di così importante e significativo sparire? Tutto perde di significato perché non ha mai avuto un reale significato, è stato tutto solo un'illusione, come un sogno da cui ci si risveglia e che un attimo dopo non ha più alcun senso.
Come mai sembra allora avere così senso ed essere così importante? Essenzialmente uno nel sogno dimentica chi è veramente e allora crede alle illusioni, così nella vita uno dimentica chi è e crede all'illusione cosmica o sogno del mondo.
Per i tibetani la morte è l'occasione di un risveglio. Quando la realtà svanisce come un sogno, e sfuma, la coscienza ha la possibilità, l'occasione di risvegliarsi alla realtà trascendente e uscire dall'ignoranza di questo stato di coscienza.
Da una parte c'è il Nirvana, lo stato della coscienza dei risvegliati, di coloro che hanno la Gnosi, sanno chi sono e la loro origine. Dall'altra c'è il Samsara, prigioniero...